Edipo re
La forza dirompente della tragedia di Sofocle da giovedì al Sociale
"C’era gesto più da uomo, del mio gesto? Non farmi la lezione. Basta coi consigli. Edipo non decifra più! Con che occhi vivi contemplavo il padre, giù nel Nulla, o la madre, devastata? Ne ho fatte, a loro. Fatti troppo forti. Nodo scorsoio non basta. E i figli? Poteva accarezzarli lo sguardo innamorato, facce fiorite... come son fiorite? Ah non potevo, non con questi occhi. Buio sulle case, piazze, torri, idoli preziosi di Potenti. Mi sono denudato io di tutto, io, il più provato, il più sublime uomo in tutta Tebe. Io che ho gridato al vento d’annullare l’uomo osceno, lebbra viva colpita da luce sovrumana. Sorto dal sangue di Laio! Che fango! E l’ho additato io, in me. Potevo colloquiare con la gente con pupille chiare? Ah, no. Anzi. Potessi inchiodare fluire di voci, all’udito, farei di questa carne mia un’isola murata: ah non esitere, avrei il mio nero senza suoni. Esilio dell’intelligenza, via dal male, è unica dolcezza. Citerone, m’hai fatto da culla. Perché? Dovevi finirmi, rapido abbraccio di morte".
Siamo alle battute finali dell'Edipo re di Sofocle, e a parlare è proprio lui, Edipo, giunto ormai all'epilogo della sua parabola tragica, consapevole di essere lui il figlio di entrambe le profezie, di aver ucciso il padre e aver giaciuto con la madre così come il destino aveva decretato dovesse compiersi. Non è dunque riuscito, nonostante tutti gli sforzi, ad evitare quanto gli era stato preannunciato, e a governare la sua vita è stata la casualità, che per lui si è trasformata in dramma e disperazione.
Con Edipo re raggiungiamo il nono dei dieci appuntamenti in programma per la stagione della "grande prosa" del Centro servizi culturali S. Chiara. Da giovedì a domenica al teatro Sociale un allestimento moderno porterà in scena il capolavoro di Sofocle attraverso l'interpretazione di Glauco Mauri e Roberto Sturno, una coppia di attori che fin dall'inizio degli anni Ottanta sta regalando al pubblico italiano e non solo pagine di grande teatro.
L'Edipo re si ipotizza venga messo in scena per la prima volta tra il 430 e il 420 a.C. ad Atene e fa parte con altre due tragedie, l’Edipo a Colono e l’Antigone, del ciclo tebano. La tragedia prende le mosse dalla grave pestilenza che falcidia la popolazione di Tebe durante la reggenza di Edipo, figlio del re di Tebe, Laio e di sua moglie Giocasta. Dopo il suo concepimento un oracolo rivela al sovrano che il nascituro è destinato a uccidere suo padre e giacere con sua madre. Laio ordina quindi a un servo di uccidere il neonato, ma, impietosito, il servo decide di affidare il bambino a un pastore che a sua volta lo cede al re di Corinto, Polibo, e a sua moglie Peribea, che non potevano avere figli.
Tutto parte da qui, ma la potenza del messaggio di Sofocle giunge inalterata sino a noi con temi quali il dissidio tra predestinazione e libertà, tra volontà divina e responsabilità individuale, il bisogno di conoscenza. E ancora, la ricerca del potere, la disperazione, il male e la sofferenza di fronte all'impossibilità di ripararlo.
22/03/2017