Si chiamava Gesù

Teatro

Voci 2

Maga Emastema - Roma
Si chiamava Gesù
da “La Buona Novella” di Fabrizio De Andrè
regia di Emanuele Puglia
supervisione artistica di Tony Cucchiara
con Annalisa Cucchiara e Emanuele Puglia

Lo spettacolo nasce da molteplici stimoli artistici, culturali e professionali.
In sintesi, sono due le direttrici principali attraverso le quali prende forma:
La visione poetico-musicale, contemporanea, laica e pur sempre rispettosa della figura di Gesù da parte di Fabrizio De Andrè e quella altrettanto poetica, spirituale, ma non iconografica, di un grande scrittore e poeta non cristiano ma vicino al sentimento religioso,
che è Gibran Kahlil Gibran.
L’autore ha così tratto spunto dai testi de “LA BUONA NOVELLA” (Album “storico” di De Andrè) e “GESU’ FIGLIO DELL’UOMO” (raccolta di poesie/monologhi, meno nota ai più, di Gibran) miscelandone, adattandone e integrandone, rispettosamente, i contenuti e le parole creando un oratorio di grande suggestione e intensità emotiva.
La “trama” si sviluppa attraverso le “testimonianze” circa la figura del Cristo di personaggi storicamente accertati (Pilato, Caifa, Anna..) o appartenenti alla tradizione religiosa (Giuseppe, Maria, Giuda, Barabba, Simone di Cirene, il Ladrone…), ma anche di pura fantasia (un ragazzo di Nazareth, un’amica d’infanzia di Maria..) i quali evocano,
senza che Questi appaia mai, Gesù.
Figura centrale della piece risulta Maria la cui vita viene seguita, attraverso il racconto (anche immagina rio), da prima della sua nascita a dopo la morte del figlio.
Il risultato è una prova d’autore (ridurre, legare e integrare i due “poeti” gia noti al pubblico e aggiungere di propria mano una gran mole di testo che potesse risultarne all’altezza), nonché d’attore (i due interpreti, sempre in scena, affrontano tutti i personaggi con la recitazione e il canto in una estremamente impegnativa carrellata d’emozioni).

Al di là dell’intrinseco valore artistico, lo spettacolo ha come finalità anche l’invito a considerare le figure della tradizione cristiana (Gesù e Maria, in testa) come esseri umani
con passioni, emozioni, reazioni di tutti gli uomini d’ogni tempo e d’ogni luogo.
Il tentativo è anche quello di far riflettere sui legittimi dubbi che pone la figura del Cristo e sul suo messaggio (troppo spesso frainteso e abusato)
che travalica ogni appartenenza culturale, geografica o fideistica.
E questo tentativo è tanto più evidente se si considerano le diversità culturali dalle quali prende spunto la messinscena.


organizzazione: L’Officina - in collaborazione con il Centro Servizi Culturali Santa Chiara

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