Angeli ribelli

Cinema

Serate in forma di Cinema

Irlanda/Regno Unito/Danimarca/Spagna, 2003
Titolo originale: Song for a Raggy Boy
Genere: Drammatico
Durata: 92'
Regia: Aisling Walsh
Cast: Aidan Quinn, Iain Glen, Marc Warren, Dudley Sutton, Alan Devlin, Stuart Graham

Padre Damian, direttore del riformatorio di St. Jude affida un incarico didattico a William Franklin, unico insegnante laico in uno staff di preti cattolici, capeggiati dal prefetto, Fratello John. Franklin fa emergere i talenti nascosti dei ragazzi, insegnando loro a leggere e ad apprezzare la poesia. Riscoprendo lo stesso genere di repressione e di tirannia che ha combattuto in Spagna, a St. Jude Franklin continua a vivere i ricordi dei suoi giorni durante la Guerra Civile spagnola.

di Sergio Di Lino
Nel 2002 lo scozzese Peter Mullan scosse le coscienze dei cattolici (e anche di qualche spettatore laico) con il suo potentissimo The Magdalene Sisters, veemente atto d'accusa nei confronti della repressione operata dalla Chiesa in ambito correttivo-detentivo. Nel film di Mullan, al centro c'era la condizione femminile; in questo Angeli ribelli, firmato da Aisling Walsh, quella infantile; ma non cambia il luogo (la cattolicissima Irlanda) mentre il periodo storico inquadrato subisce una variazione non troppo sostanziale (dai primi Sessanta di Mullan all'inizio del secondo conflitto mondiale di Walsh). Tutto ciò per dire che sì, va bene, prendiamo per buoni i nobili intenti e l'urgenza morale di un film come Angeli ribelli, ma ciò non toglie che ci troviamo di fronte a un prodotto di carattere inesorabilmente derivativo; e se tale considerazione non ci impedisce comunque di apprezzare i timidi pregi - anche cinematografici - del film in questione, essa ci obbliga a effettuare giocoforza spiacevoli quanto inevitabili confronti.
Innanzitutto, salta immediatamente all'occhio la struttura più solidamente convenzionale e "di genere" di Angeli ribelli; laddove Peter Mullan eleggeva a protagoniste assolute le Magdalene Sisters del titolo, rifiutando di porre filtri di sorta tra lo spettatore e le "sue" donne, Aisling Walsh opta per una scelta più rassicurante, inserendo la figura centrale di un docente laico e idealista (ha combattuto la guerra di Spagna, e i ricordi che si porta dietro da allora gli procurano ancora turbamenti, con annessa relativa ubriachezza molesta) pronto a battersi per debellare violenze e abusi dal codice di disciplina dell'istituto correzionale religioso in cui è chiamato a operare. Tale figura progressista e illuminata, ben incarnata da un intenso Aidan Quinn (attore che reclama a suon di buone prestazioni un minimo di riconsiderazione critica da parte di molti accaniti e rancorosi detrattori), si scontra con la sua nemesi, un prete sadico e crudele (e qui abbiamo il sempre ottimo Iain Glen, che quando c'è da abbandonarsi all'istrionismo riesce a dare il meglio di sé), che porterà al parossismo estremo di violenza, fino al catartico - almeno in parte - confronto finale; dunque, una esemplificazione quasi manichea (ma di manicheismo fu accusato anche lo stesso Peter Mullan), con due incarnazioni pressoché perfette di bene e male a fare da guida. A confermarlo, il corollario di abiezioni che costella il film, dal prete pedofilo e complice all'indifferenza ostinata e colpevole delle alte sfere.
Ma Angeli ribelli possiede anche il pregio della secchezza e quasi fino in fondo riesce a rifuggire la retorica, sebbene il finale alla "Capitano, mio Capitano" rovini in buona parte quanto di buono costruito in tal senso fino ad allora. Si tratta di un film dichiaratamente a tesi, perdipiù tratto da una storia vera (il che conferma l'antica vocazione del cinema a mistificare anche e soprattutto la realtà del dato storico contingente, specie quando si tenta di millantare una pretesa mimesi con essa), con tutti i limiti e le gabbie che tali scelte comportano. E se sbanda paurosamente nella parte centrale, dove troppi nodi tutti assieme vengono al pettine in maniera repentina e confusa, il film di Aisling Walsh sa riprendersi in un finale non riconciliato, in cui i cattivi restano pressoché impuniti (per quanto esiliati) e i buoni escono profondamente segnati dalle esperienze recentemente occorse.
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