Il Trentino Alto Adige nel periodo 1922 - 1943
La Biblioteca Archivio del CSSEO, in collaborazione con la Fondazione Museo Storico del Trentino, organizza un ciclo di incontri sulla storia regionale, che copre l’arco temporale che va dal 1922 al 1942.
Le vicende del ventennio (1922-1943) nella nostra regione sono state oggetto di una scarsa attenzione. Data importante è il 2 ottobre 1922, quando ebbe luogo la cosiddetta marcia su Bolzano, che portò alla deposizione del neoeletto sindaco Julius Perathoner, una sorta di prologo della Marcia su Roma del 28 ottobre.
Con il fascismo cambiano i confini e le unità amministrative. Nel gennaio del 1923 l’Alto Adige insieme al Trentino fu incorporato nella Venezia Tridentina e il prefetto di Trento ebbe il compito di attuare il programma mussoliniano di completa italianizzazione del territorio sudtirolese con massicci insediamenti di popolazione proveniente altre regioni dell’Italia e la snaturalizzazione dei sudtirolesi.
Il fascismo comportò l’abbandono della pratica di autogoverno riconosciuta dagli Asburgo alla Dieta tirolese e una forte spinta alla centralizzazione. Come in tutta Italia vennero aboliti gli statuti delle città maggiori (Trento e Rovereto), unificati diversi piccoli comuni della provincia (si
passò dai 366 comuni trentini di età asburgica a 127). Nel 1927 venne istituita la provincia di Bolzano, che prima formava un'unità con la provincia di Trento. Mentre i comuni di Cortina d'Ampezzo, Livinallongo del Col di Lana e Colle Santa Lucia, tradizionalmente ladini, furono annessi alla provincia di Belluno. Negli anni seguirono poi altri scorpori.
Ma soprattutto il regime pose fine al sistema cooperativo con le casse rurali, i caseifici sociali, le famiglie cooperative di consumo, i consorzi di bonifica e le cantine sociali. Nel ventennio il Trentino attraversò una forte crisi economica, causata dalle conseguenze della Grande guerra, dal ristagno dell'agricoltura, dalla limitata possibilità dell'emigrazione a seguito della politica fascista e dalla carenza di investimenti pubblici, dirottati in più larga misura in Alto Adige, terra da "italianizzare".
Le due città capoluogo cambiarono aspetto sotto la spinta delle opere del regime: il nuovo assetto urbano aveva lo scopo di esaltare l’anima italiana, cancellando la sua appartenenza all’Impero austro-ungarico.