La controriforma nella diocesi di Trento

05/09/2014 Administrator User
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La controriforma nella diocesi di Trento
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Con la visita pastorale nella diocesi tridentina condotta, in parte anche personalmente, da Ludovico Madruzzo negli anni 1579 - 1581, si ebbe la prima applicazione in regione degli indirizzi conciliari. Tale iniziativa da parte di un vescovo del quale fu apprezzata durante lo stesso Concilio la preparazione teologica e che poi rivestì compiti così determinanti per la riforma cattolica nelle terre germaniche non poteva non assumere un significato centrale per la vita religiosa nell'episcopato. Certamente fu forte lo zelo con il quale Ludovico mise in pratica i dettami conciliari nelle terre affidate alle sue dirette cure spirituali, tanto più in quanto la visita pastorale iniziò non appena egli poté ritornare a Trento in veste di principe dopo la forzata assenza decennale. Nel 1590 egli consegnò alla Sacra Congregazione del Concilio la prima relazione sullo stato della diocesi di Trento. Nel 1593 eresse un seminario vescovile a norma delle prescrizioni conciliari e nello stesso anno indisse un sinodo diocesano, il quale elaborò norme per la disciplina ecclesiastica che furono poi pubblicate a stampa.
Scarse sono le notizie sull'azione esercitata dai due ultimi vescovi Madruzzo nell'ambito della vita spirituale della diocesi. Colui al quale appare essere stata maggiormente legata la successiva fase del processo di adeguamento in senso controriformista della chiesa tridentina fu Pietro Belli, vicario generale e suffraganeo di Carlo Gaudenzio Madruzzo, attivo dal 1613 al 1630, il quale assunse su di sé i compiti pastorali cui il vescovo non poteva adempiere a causa delle proprie assenze. Anche per quanto riguarda le amministrazioni vescovili successive sarebbero necessarie indagini approfondite sull'aspetto del loro governo spirituale; soprattutto manca un quadro generale sullo stato del clero parrocchiale, quello più a stretto contatto con le popolazioni, il quale avrebbe dovuto farsi carico della trasmissione del moto di rinnovamento ecclesiale. Certo è che le norme prescritte dal Concilio contro l'accumulo delle cariche e delle rendite ecclesiastiche da parte degli alti prelati spesso non vennero rispettate, mentre le dignità canonicali e vescovili furono ancora oggetto di strategie familiari e politiche. Un esempio per tutti, quello dell'arciduca e conte del Tirolo Leopoldo d'Asburgo, il quale, prima dell'abbandono della carriera ecclesiastica, fu canonico a Colonia e a Costanza e vescovo di Passavia e di Strasburgo. Il figlio Sigismondo Francesco poté vantare addirittura la presenza in otto capitoli dell'impero: a Colonia, Bressanone, Augusta (qui anche coadiutore con diritto di successione), Passavia, Trento (qui pure fornito della coadiutorìa), Salisburgo, Treviri e Strasburgo. Prima di essere nominato vescovo a Trento quale successore di Carlo Emanuele Madruzzo, gli era inoltre già stato conferito il vescovato di Gurk.
Centrale fu l'influenza religiosa lungo tutto il Seicento nella vita delle popolazioni e in particolare nelle manifestazioni pubbliche. In un principato ecclesiastico come quello di Trento essa si manifestò con particolare evidenza anche in virtù del fatto che il potere spirituale e il potere temporale si trovavano riuniti in una sola figura, quella del principe vescovo, concorrendo l'un elemento all'elevazione dell'altro. In tal modo le espressioni esteriori del culto con la loro magnificenza davano lustro anche agli emergenti poteri assolutistici, che attecchirono anche a Trento grazie al potenziamento dell'autorità principesco-vescovile nel periodo della Controriforma. Ciò si manifestò con evidenza sotto Carlo Gaudenzio Madruzzo, personalità energica e accentratrice, che regolò da pari a pari alcune pendenze con la contea del Tirolo e durante il cui governo non vi era ancora sentore della crisi che di lì a qualche decennio avrebbe dovuto affrontare il nipote.
Un ruolo fondamentale nella diffusione dei princìpi di una fede rinnovata, ma altresì pervasa dalla presenza dei temi del peccato, della penitenza e della morte, fu svolto dalla fioritura di ordini religiosi verificatasi anche in un'area come quella tridentina, dove l'autorità principesco-vescovile in passato aveva impedito l'affermarsi di un forte potere del clero regolare. Qui crebbero le presenze dei francescani, vi si aggiunsero quelle dei cappuccini, dei carmelitani e quella determinante dell'ordine che impresse il suo marchio alla Controriforma, i gesuiti. Anche gli ordini femminili ricevettero impulso: grandi furono le energie impiegate in questa direzione dalla beata Giovanna Maria della Croce, mistica roveretana che diffuse l'ordine delle clarisse mediante la fondazione di conventi in regione e ai cui consigli, anche nella sfera politica, ricorsero i potenti del tempo.
Ma la troppa insistenza sugli aspetti emozionali nel tentativo di carpire al popolo sentimenti di religiosità, oltre al continuo richiamo alla presenza delle forze del male, su cui faceva leva l'azione dei predicatori, fece sì che la tradizionale superstizione delle popolazioni montane, innestatasi sui temi rivisitati e accentuati dell'angoscia del peccato e della minaccia alla fede cattolica, spesso prendesse il sopravvento. Così ai roghi di Fié e della Val di Fiemme, che ancora nel secolo precedente avevano avvolto povere donne emarginate o in preda a disturbi psicologici, contro le quali si erano scatenati i rancori e le inquietudini delle comunità locali, si andarono ad aggiungere i processi per stregoneria secenteschi: quello della Val di Non, svoltosi durante il governo di Carlo Gaudenzio Madruzzo, che portò a dieci condanne a morte, e quello avvenuto sotto Carlo Emanuele in Val Lagarina nei feudi dei conti Lodron, che fece cinque vittime. Una piaga questa, che si sarebbe protratta fino ai primi decenni del Settecento, quando ebbero luogo le ultime condanne per stregoneria nella parte meridionale del territorio trentino, cui avrebbe fatto eco di lì a poco la denuncia di Girolamo Tartarotti contro tale barbarie.
L'ordine religioso più rappresentativo della sensibilità controriformista e soprattutto quello dotato della maggiore capacità di diffusione della stessa, attraverso i compiti da esso svolti nell'educazione e nella formazione delle classi dirigenti del tempo, fu quello dei gesuiti. Il potere che essi accumularono nel corso del tempo e che fu una delle cause della loro crisi ed esautorazione nel Settecento, fu probabilmente il motivo per cui la loro venuta a Trento, su desiderio dei consoli cittadini per impiantarvi uno dei collegi allora in auge, venne a lungo osteggiato da Carlo Gaudenzio Madruzzo. Nel 1625, grazie alle proteste consolari inoltrate al conte del Tirolo e allo stesso imperatore, i gesuiti poterono infine insediarsi in città ufficialmente: vi sarebbero rimasti fino al 1773, anno della loro soppressione, e sotto di loro si sarebbero formati, anche a Trento come ovunque essi dispiegarono la loro attività pedagogica, i migliori intellettuali trentini.

Da
1579
A
1630
Personaggi
Leopoldo d'Asburgo , Carlo Emanuele Madruzzo , Carlo Gaudenzio Madruzzo , Ludovico Madruzzo , Sigismondo Francesco di Austria , Belli Pietro , Tartarotti Girolamo
Codice
48638
codici_personaggi_as_text
50452-50456-50457-50459-50486-50629-50630
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