Altre zone ricchissime di reperti romani, sia riferibili a strutture insediative che a necropoli, sono la Val Lagarina, la Val di Non e la Valsugana.
A Nomi, poco lontano dal fiume, che qui anticamente tracciava un'ansa, i numerosi reperti riferibili ad una necropoli, realizzata sul dosso di S. Pietro, poco lontano dall'insediamento retico già citato, oltre a fornire una serie di dati interessanti relativi al tipo e alla qualità degli oggetti in uso in quell'epoca, ha permesso di evidenziare come, in quella zona, si sia verificata una sostanziale continuità di frequentazione dall'età del ferro a quella romana.
Interessante è il sito di Servìs, sopra Pomarolo, a 650 m.s.l.m., dove è stata rinvenuta una necropoli in cui i defunti sono stati sepolti quasi tutti, secondo l'usanza locale, con una fibula. Il sito è stato frequentato soprattutto in epoca tardoromana.
Poco lontano, a Prà del Rover, è stato trovato anche un notevole accumulo di laterizi e pesi da telaio, che suggerisce l'idea che si trattasse della discarica di una fornace presente nelle vicinanze, attiva durante l'epoca imperiale, tra il I e il III sec.d.C.
Nella zona di Rovereto, ad Isera, in occasione della costruzione della Scuola dell'Infanzia, nel 1946- 1949, sono stati riportati alla luce i resti di un edificio a due piani, probabilmente del I sec.d.C. Si trattava di una vera e propria villa con ricche decorazioni pavimentali a mosaico e parietali ad affresco. Sono stati rinvenuti molti oggetti di raffinata lavorazione, tra cui la guarnizione bronzea di un letto, un campanello in bronzo (tintinnabulum), ed altri oggetti di uso quotidiano. La presenza di un'anfora, usata comunemente per contenere vino e la posizione della villa, in un'area in cui da sempre si coltiva la vite, potrebbe far pensare che la sua costruzione fosse legata ad un contesto agricolo. Fino ad ora però non sono stati trovati resti di strutture, nelle immediate vicinanze, che avvalorino in modo inequivocabile questa ipotesi.
Nel centro di Rovereto e nelle aree limitrofe sono state rinvenute molte sepolture e reperti privi di un contesto certo, tra cui monete, bronzetti, fibule, lucerne, ecc. Ciò dimostra che anche questa zona era densamente frequentata.
Anche la zona di Ala e di Avio, che doveva far parte del Municipio di Verona, è ricca di testimonianze archeologiche che dimostrano una certa densità di popolamento durante l'intera età imperiale. Ad Avio, ad esempio, è stata trovata nel 1865, un'erma in bronzo, nella località Vò Casaro. Si tratta di un oggetto ornamentale, raffigurante un atleta o un gladiatore, del III sec.d.C.
Da questa zona provengono anche due iscrizioni funerarie risalenti al I sec.d.C. I reperti di questo genere forniscono molte informazioni interessanti, perché su di esse compaiono i nomi dei defunti, i loro rapporti di parentela e le attività che hanno compiuto durante la vita.
I testi di queste due iscrizioni in particolare sono:
T(itus) Catius T(iti) L(ibertus)/ Docimus/VIvir aug(ustalis)/ sibi et/Cluviae M(arci) l(ibertae)/ Peta[le]/ux[ori], cioè:
Tito Catio Docimo liberto di Tito, seviro, (pose) per sé e per la moglie Cluvia Petale liberta di Marco.
L(ucius) Aufillenus/ Ascanius/ VIvir (bis)/ cla(udialis) et aug(ustalis)/ sibi et /Catiae T(iti) F(iliae)/ Rhodae/ uxori, cioè:
Lucio Aufilleno Ascanio, seviro (sia) claudiale (sia) augustale, (pose) per sé e per la moglie Catia Rhoda figlia di Tito.
Le persone di queste due epigrafi sono legate da rapporti di parentela, dal momento che L. Aufilleno Ascanio ha sposato Cathia Rhoda, figlia di T. Catio Docimo. I coniugi sono liberti, cioè schiavi affrancati.
Sia Aufilleno Ascanio che Catio Docimo sono stati seviri augustali, cioè membri di un collegio per il culto dell'imperatore. Aufilleno Ascanio è stato anche un seviro claudiale, che si occupava in particolare di organizzare gli onori rivolti all'imperatore Claudio.