Stanca di guerra
di e con Lella Costa
Nei suoi spettacoli, Lella Costa lavora da tempo allesplorazione insieme ironica e sentimentale degli stati danimo individuali e collettivi. Il suo nuovo lavoro (scritto con un nutrito pool di co-autori: gli abituali Massimo Cirri, Sergio Ferrentino, Piergiorgio Paterlini e Bruno Agostini, più Gabriele Vacis che firma anche la regia e soprattutto il glamour letterario di Alessandro Baricco) si muove sullo stesso crinale, ma dimostrando fin dal titolo ambizioni ben maggiori: perché Stanca di guerra lascia presagire che - nel corso di quelle di ore di monologo si parlerà anche di cose molto serie e nientaffatto divertenti. Del resto quella dellimpegno civile e della qualità letteraria può forse offrire una via duscita dalle strettoie del monologo comico, arricchendolo di temi e contenuti (a volte vagamente pedagogici) per cercare di disincagliarlo dal battutismo televisivo e dalla routine della satira politica.
Così, in questo Stanca di guerra, Lella Costa fa confluire un po di tutto. Resta naturalmente qua e là un pizzico di satira politica. Abbondano le citazioni colte: da un corso essenziale di sociologia a von Clausewitz, dal Macbeth a "la guerra è il modo in cui lOccidente guarda il mondo"; ma anche le citazioni colto-ironiche, come lanalisi comparata del monologo di Antigone e di Beautiful, volendo peraltro spiegare cose assai serie. Torna, con una divertita variazione bellica, il conflitto di coppia. Non manca il ritratto, con qualche pennellata patetica, di una madre anni Novanta alle prese con la crescita della figlia. Cè la polemica contro linformazione (e qualche suo mostro), con il suo perverso circuito di sensazionalismo e banalizzazione del male. Ci sono chiacchiere confidenziali e barzellette, non mancano i virtuosismi dinterprete e naturalmente qualche buona battuta cattiva. A spezzare e insieme collegare tutto questo (con qualche strappo un po brusco), a offrire attraverso una narrazione il possibile senso di una serata che procede per frammenti e divagazioni, è un bozzetto dal retrogusto gozzaniano ambientato ai tempi della Grande guerra, che ruota intorno alla fotografia di un giovane che sta partendo per il fronte.
Lispirazione dello spettacolo vuol essere in primo luogo realistica, cioè antibuonista: prendere nota dellesistenza dei conflitti, catalogarli e se possibile smitizzarli attraverso il riso. Ma affiora anche unadesione di fondo al pacifismo e una ribellione femminile alla violenza, a cominciare dalla perorazione contro lobbrobrio delle mine antiuomo (tra laltro parte degli incassi dello spettacolo sono destinati a Emergency, unorganizzazione non governativa che aiuta le vittime civili di guerra). Lella Costa si diverte a sovrapporre e confrontare la piccola realtà quotidiana, con i suoi attriti sostanzialmente innocui e dunque buffi, e le grandi tragedie della storia contemporanea, con le sue terribili stragi. Curiosamente, in questa riflessione sulla violenza dalla recente storia italiana e dallesperienza di una generazione, non riemerge mai la concretezza di quella "stagione di guerra" che sono stati gli anni Settanta (che è anche, probabilmente, il periodo in cui in Italia la riflessione sulluso e la legittimità della violenza è stata più lacerante, anche se spesso silenziosa). Quasi ad accantonare, almeno per il momento, gli aspetti più problematici e laceranti.
In questa cavalcata di quasi due ore di monologo a ruota libera, tra mille temi e sollecitazioni, il conflitto e la violenza paiono così confinati nelle pareti domestiche, compreso il piccolo schermo, dove si celebrano tanto gli orrori di Sarajevo quanto la designazione (da parte di Lella Costa) ed eventuale acclamazione (da parte del pubblico) di un "nemico personale" da odiare, indispensabile nellattuale congiuntura video-politica.
AUTORE: di Lella Costa, Alessandro Baricco, Sergio Ferrentino, Massimo Cirri - REGISTA: Gabriele Vacis