Emidio Clementi. La notte del Pratello
Con La notte del Pratello, Clementi ha sentito ancora una volta l'esigenza di dare voce alla scrittura e lo ha fatto in maniera differente rispetto al passato. Il libro e i personaggi lo richiedevano. Perché in questo romanzo a più voci, l'ambientazione urbana è parte strutturante del racconto e lo sforzo è stato quello di riprodurre il suono della città e di quel sottosuolo in cui i protagonisti si muovono.
Con l'aiuto di Massimo Carozzi, è nato qualcosa che si allontana dai lavori precedenti, più lirici e in linea con la produzione del gruppo, e si avvicina di più al teatro sonoro. Frammenti di vecchi dischi di jazz degli anni sessanta si mescolano a field recordings raccolti nelle strade di Bologna, andando a costituire una sorta di cinema urbano dove le immagini sono evocate dalla narrazione e dal suono. Ne La notte del Pratello, attraverso la voce dell'autore, tutti i personaggi entrano in scena e la lettura si trasforma in un radiodramma.
Prima ancora di cominciare a scrivere la storia che sarebbe diventata "La notte del Pratello" sapevo una cosa sola: volevo che quella storia si svolgesse a Bologna. Pensavo che arrivato al terzo libro fosse venuto il momento di descrivere la città in cui vivevo ormai da sedici anni. Non saprei dire il motivo per cui non lo avevo fatto prima. Forse temevo di non riuscire a restituirle il fascino, o forse, più semplicemente non l'avevo osservata abbastanza, come spesso capita con tutto quello che ci é troppo vicino. Poi, un giorno, mi é capitato tra le mani un vecchio libro di John Steinbeck, "Vicolo Cannery", e ho capito che era proprio un romanzo del genere che avrei voluto scrivere. Se a tanti anni di distanza dalla sua pubblicazione ero riuscito a ridere e commuovermi per una storia che si svolgeva in un vicolo buio dall'altra parte dell'oceano, perché non poteva accadere la stessa cosa se parlavo della mia strada? Per tanto tempo, Bologna é coincisa con via del Pratello, una strada popolare del centro storico in cui ho vissuto parecchi anni fondamentali della mia vita. L'ho fatta diventare il mio Vicolo Cannery. Ma parlare della città significa parlare della gente che ci vive. Il Pratello é una entità a sé stante, impermeabile a ciò che accade nel resto della città proprio come lo era, rispetto a San Francisco, la strada di Steinbeck. Avevo bisogno di qualcosa di più, qualcosa che superasse i confini della strada e riproducesse meglio il respiro della città.
E questo respiro l'ho trovato rievocando il mio lavoro di sgombera cantine. Per anni, ogni mattina, seduto dietro il rimorchio di un Ape mi sono lasciato alle spalle via del Pratello e sono entrato in contatto con morti di fame e professionisti, casalinghe annoiate e vecchi aristocratici; perché tutti prima o poi hanno bisogno di sgomberare una cantina. Tutti prima o poi sentono la necessità di disfarsi di quello che hanno accumulato negli anni. Io li ho osservati mentre distruggevano tutto quello che per loro un giorno era stato sacro e ho capito che fare i conti col passato può essere drammatico o liberatorio, ma comunque é degno di essere raccontato. I personaggi del romanzo sono i personaggi che mi porto dietro da anni: Zaccardi, Rigoni, Leo. È come se prima di scrivere questa storia ne avessi anticipato, in racconti e canzoni, delle scene. Se ho scritto un libro sugli stessi personaggi é perché ero convinto di non averli descritti in maniera completa. E ora che l'ho scritta posso dire che ci sarebbe ancora molto da dire su di loro. Da tutto questo é rimasta fuori la musica.
Perché comunque mentre sgomberavamo le cantine il gruppo stava crescendo. Facevamo dischi, suonavamo in tutta Italia. Però era un'altra storia. Anche all'epoca lo percepivo. Vivevo una doppia vita. Da una parte un'immagine pubblica, dall'altra il lavoro sottoterra. Per giustificare le mie continue assenze dicevo a Zaccardi che dovevo accompagnare mia madre alle Terme di Caracalla. Lui ci ha regolarmente creduto. L'8 leggerò il mio libro all'Hiroshima. Ho sempre portato in scena le cose che ho scritto ma stavolta ho preparato qualcosa di diverso. Volevo dare un suono alla città, al sottosuolo e lasciar parlare i protagonisti. È uscito fuori un lavoro che somiglia più a un radiodramma che a un reading vero e proprio. Spero lo apprezzerete. Emidio Clementi
organizzazione: Comune di Rovereto Assessorato alle Attività Culturali