Stupore

La Cattedra del confronto: ultimo appuntamento stasera con Petrosino e Malatesta

Paura, rabbia, stupore: parlerà il linguaggio delle “emozioni” la Cattedra del Confronto 2016, percorsi di riflessione per suscitare il dibattito su questioni cruciali, organizzata dall’Ufficio diocesano cultura e università, curatore don Andrea Decarli.

Si intitola infatti “Le emozioni e gli altri” la rassegna che si conclude oggi (lunedì 18 aprile) alle 20.45 a Trento presso la Sala della cooperazione di via Segantini. Una prospettiva di dialogo in duplice senso quella che verrà affrontata dal ciclo di conferenze: da un lato l’alterità, l’esame delle emozioni non solo dal punto di vista dell’interiorità ma dei rapporti interpersonali, dall’altra un confronto tra un punto di vista religioso e uno laico.

Sarà oggi lo "stupore" al centro del dialogo tra Silvano Petrosino, filosofo, e Katia Malatesta per Religion Today Festival

Lo stupore di fronte alle cose, l'attitudine a rimanere in ascolto della sua voce è un tema che appartiene alla tradizione filosofica occidentale. Nella Metafisica Aristotele approfondisce l'attitudine alla meraviglia.

"Gli uomini hanno cominciato a filosofare, ora come in origine, a causa della meraviglia: mentre da principio restavano meravigliati di fronte alle difficoltà più semplici, in seguito, progredendo a poco a poco, giunsero a porsi problemi sempre maggiori: per esempio i problemi riguardanti i fenomeni della luna e quelli del sole e degli astri, o i problemi riguardanti la generazione dell’intero universo. Ora, chi prova un senso di dubbio e di meraviglia riconosce di non sapere; ed è per questo che anche colui che ama il mito è, in certo qual modo, filosofo: il mito, infatti, è costituito da un insieme di cose che destano meraviglia. Cosicché, se gli uomini hanno filosofato per liberarsi dall’ignoranza, è evidente che ricercarono il conoscere solo al fine di sapere e non per conseguire qualche utilità pratica. E il modo stesso in cui si sono svolti i fatti lo dimostra: quando c’era già pressoché tutto ciò che necessitava alla vita ed anche all’agiatezza ed al benessere, allora si incominciò a ricercare questa forma di conoscenza. É evidente, dunque, che noi non la ricerchiamo per nessun vantaggio che sia estraneo ad essa; e, anzi, è evidente che, come diciamo uomo libero colui che è fine a se stesso e non è asservito ad altri, così questa sola, tra tutte le altre scienze, la diciamo libera: essa sola, infatti, è fine a se stessa.

Per questo, anche, a ragione si potrebbe pensare che il possesso di essa non sia proprio dell’uomo; infatti, per molti aspetti la natura degli uomini è schiava, e perciò Simonide dice che “Dio solo può avere un tale privilegio” e che non è conveniente che l’uomo ricerchi se non una scienza a lui adeguata. E se i poeti dicessero il vero, e se la divinità fosse veramente invidiosa, è logico che se ne dovrebbero vedere gli effetti soprattutto in questo caso, e che dovrebbero essere sventurati tutti quelli che eccellono nel sapere. In realtà, non è possibile che la divinità sia invidiosa, ma, come afferma il proverbio, i poeti dicono molte bugie; né bisogna pensare che esista altra scienza più degna di onore. Essa, infatti, fra tutte, è la più divina solo in questi due sensi: a) o perché essa è scienza che Dio possiede in grado supremo, b) o, anche, perché essa ha come oggetto le cose divine. Ora, solo la sapienza possiede ambedue questi caratteri: infatti, è convinzione a tutti comune che Dio sia una causa e un principio, e, anche, che Dio, esclusivamente o in grado supremo, abbia questo tipo di scienza. Tutte le altre scienze saranno più necessarie di questa, ma nessuna sarà superiore" (Aristotele, Metafisica, 982b-983a, trad. di Giovanni Reale)

 

(Aristotele, Metafisica, 982b-983a, trad. di Giovanni Reale).

 


18/04/2016