Magazzino 18
Abbiamo visto la prima dello spettacolo, che sarà al Teatro Sociale di Trento fino a domenica: XI comandamento, "Non dimenticare"
Teatro Sociale gremito fino all'ultimo ordine di palchi. Pubblico attento, assorto, coinvolto, che di tanto in tanto esplode in un applauso liberatorio. Ma breve perché il ritmo dello spettacolo richiede di riprendere subito.
Non si è risparmiato ieri sera Simone Cristicchi nella prima trentina del suo Magazzino 18 che sarà in replica fino a domenica, sempre al Teatro Sociale. Non si è risparmiato, dicevamo. E il pubblico lo ha premiato con un applauso che sembrava non volesse finire, seguito da una standing ovation.
Due ore intense di monologo, interrotte da brevi video e momenti musicali, due ore durante le quali l'artista è rimasto in scena indossando i panni del prossimo personaggio, della successiva storia da narrare.
Tutto inizia con le riprese di un edificio nel Porto Vecchio di Trieste. Piano piano l'immagine si avvicina e giunge a inquadrare un numero: il 18.
Eccolo il protagonista, è quello, il "Magazzino 18". In sottofondo l'accento romano di Persichetti, l'archivista inviato dal ministero a "mettere ordine" all'incuria di quasi settant'anni. Perché, varcata quella porta, in quell'ammasso di oggetti - sedie di tutti i tipi aggrovigliate a ragnatela, libri e quaderni di scuola, giocattoli legati agli affetti più profondi - il tempo sembra essersi fermato.
Quelle foto in bianco e nero che scorrono sullo sfondo, visi, occhi, sorrisi di cui si sono perse le tracce ma che sono ancora pregni di quell'energia di chi non si sa se sia mai invecchiato, né dove, né come sia continuata la sua storia. Occhi che continuano a interrogare i pensieri anche dopo, quando si è fuori dal teatro, e si sente che quel lavoro di Cristicchi ha centrato nel segno componendo una serie di elementi con l'abilità di un equilibrista.
Un po' come tutte quelle sedie accatastate a piramide che sembrano aver assunto una loro compostezza. E composto appare il dolore trasmesso da quegli oggetti che durante il recital perdono la loro consistenza materiale. Quello che di loro aleggia è "lo spirito delle masserizie", un'espressione che già da sola conduce al cuore dell'estetica di Cristicchi.
Niente di eccessivo o di forzato. Nessuna retorica o indugio al sentimentalismo. E' la storia che parla attraverso la voce del narratore che dà voce alle infinite microstorie che s'intrecciano in quel Magazzino 18.
Un crescendo di emozioni, basate su un'accurata ricostruzione storica.
Perché "Giuliano Dalmata", per chi lo legga in una piazza, in una via, da qualunque altra parte, non è il nome e cognome di un signore, inutile cercarlo in tal senso su Wikipedia.
Perché Simone Cristicchi ha dato voce all'XI comandamento: "Non dimenticare".
04/12/2015