Il Fu Mattia Pascal
Abbiamo visto la prima dello spettacolo in programma fino a domenica 17 gennaio al Teatro Sociale di Trento
“Ho un vuoto nella mia testa, un nero fondo dal quale mi sforzerò di scoprire brandelli di memoria. Mi costrinsi a poco a poco a fare di me un altro uomo. Vagai per una intera notte per il paese, per la campagna non so con quali idee per la mente.Volevo andarmene via, via da quella città via da quella pensione. Oggi una delle poche cose, anzi la sola che io sappia di certo è questa: che io mi chiamo e mi chiamerò sempre Mattia Pascal”.
Buia la scena, mentre gli occhi piano piano si adattano e qualche particolare inizia ad apparire. Personaggi nella penombra ai lati, ma al centro il punto di luce è lui, Tato Russo/Mattia Pascal che, spalle al pubblico, esordisce con un pausato monologo che dall' "io" individuale punta dritto a quello di ogni spettatore. Ne suscita l'empatia.
Ha più di cent’anni il testo di Pirandello, eppure non smette di solleticare con la sua modernità imbarazzante, con il suo chiamare in causa quei nodi esistenziali che l'autore siciliano è stato tra i primi a indagare. Nodi destinati a rimanere irrisolti perché chiamano in causa la nostra più intima fragilità, le nostre debolezze, la casualità della vità, la doppiezza e la meschinità delle persone, l’avidità, il paradosso che diventa realtà mentre la realtà sfugge alla comprensione.
“Umorismo come sentimento del contrario” lo definisce Pirandello, e ci sembra che Tato Russo su questa consapevolezza abbia costruito la sua visione.
Da dove veniamo? Che siamo? Dove andiamo? si chiedeva nel 1897 Paul Gauguin nella sua opera, quesito che è lo stesso che ossessiona il Mattia Pascal di Tato Russo.
L’attore e regista, interprete raffinato, con questo spettacolo torna a Trento dopo cinque anni. Lo dice egli stesso a fine rappresentazione quando gli applausi scrosciano e si prolungano.
Il suo sguardo abbraccia l’intero teatro, dalla platea all’ultimo gremito ordine di palchi, il suo gesto, accompagnato poi da un breve ringraziamento, è un misto tra emozione e soddisfazione.
E soddisfazione può anche essere il termine con cui il Centro culturale Santa Chiara guarda alla stagione teatrale che si sta svolgendo, e che il Fu Mattia Pascal ha elevato di parecchi toni.
Tutt’altro che teatro d’evasione, eppure il Sociale mai ci è sembrato affollato, attento, partecipe come ieri.
15/01/2016